Ci vuole innanzitutto, all'inizio, al momento zero, alla partenza, uno
spazio, che non sia ancora luogo.
Ci vuole poi un bisogno, un fastidio nello stomaco, una zanzara
nell'orecchio, un urlo che non abbia trovato il respiro, un cuscino
con le spine, un prurito.
Ci vuole un pezzo di vuoto. Di forma convessa, di ampiezza variabile
dal minuscolo all'enorme.
Ci vuole poi il silenzio. Usare l'ovatta per attutire i suoni acuti.
Ci vogliono tante persone per fare un grande silenzio. Invitate gli amici.
Ci vuole poi una pausa, un tempo soffice, un tè bollente su cui
soffiare, una sedia su cui sentirsi giusti, per un pò.
Ci vuole poi il perdersi, e dirlo ad alta voce al primo che passa quel
giorno, in quel vicolo deserto "Sono perso". E guardare poi la bocca
dell'altro quando si perde per un attimo e poi torna. E anche gli
occhi, forse prima gli occhi, poi la bocca.
Ci vuole un abisso lucente e tintinnante, in cui celestiale sia la
discesa, morbido il sentire, lieve il trapasso.
Per creare.